Cosa dicono le pietre? Mi è stato chiesto e non solo in questa occasione.
Dicono della storia degli uomini, che le hanno prima estratte, poi trasportate, modellate ed infine assemblate; di chi ha abitato quelle mura nei secoli, di chi ha immaginato e poi concretizzato il loro stare insieme.
Dicono anche della morfologia di quell’area geografica e dicono della cultura e dell’organizzazione sociale in quel tempo e in quel luogo.
Dicono del passato coniugato al presente.
L’architettura non è mai solo un fatto tecnico essa risponde alla necessità umana dell’abitare ed essenzialmente all’innata esigenza di comunicare, di occupare il vuoto e modellare la natura: madre feconda e fonte di inquietudini, codice inestricabile di eventi cui dare un significato.
Nessun costrutto abitativo sfugge a queste regole, men che meno la dimora del potere.
Un castello è nel nostro immaginario un luogo fiabesco, un desiderio che sin da bambini abbiamo ammirato e proiettato nei nostri fantasiosi paesaggi di storie a lieto fine o di battaglie cruente, con draghi ed orchi da decapitare.
Esso è (o è stato) però vita vissuta, una manifestazione al centro della comunità, di potere ed anche di difesa, di brulichio di genti e di commerci; un codice visivo redatto per la comunità, che in esso si riconosce, ma anche un monito fermo e stabile per il forestiero.
Ho usato la fotografia, in questo senso, per il suo potere di decostruzione del reale, a supporto del nostro immaginario, quale medium di amplificazione dell’attenzione, cercando di non offrire allo spettatore un percorso prefinito ed imposto, di fuggire dalla tentazione di ricreare quelle atmosfere fiabesche lasciate alla tenerezza del ricordo.
Ogni fotogramma è un indizio, un invito a esperire il luogo ad esplorarne il significato più recondito ed a ricomporre – perché no? – il proprio Castello. Non c’è spazio per la figura umana proprio perché ognuno possa ricollocarsi a suo piacimento. Attraversando i luoghi rappresentati, in ogni stimolo sensoriale, con le infinite suggestioni; magari indossando i panni di una dama o di un guerriero, o semplicemente, di un visitatore contemporaneo, curioso e attento, che si lascia incantare dal richiamo di un passato immaginato, da tutelare nel futuro.
Adriano Nicoletti
La residenza ‘Pietre che parlano’, coordinata da Coolclub e con la direzione artistica di Big Sur, è stata realizzata nell'ambito del progetto "Il Castello di tutti", promosso dal Comune di Corigliano D'Otranto e sostenuto dal Ministero della Cultura per consentire una più ampia partecipazione alla cultura, nell’ambito dell'avviso pubblico (PNRR M1C3-3) per la rimozione delle barriere fisiche e cognitive in musei, biblioteche e archivi.