Protagonista è Carla, un’architetta che lavora per uno studio milanese negli anni 60.
È al primo incarico importante ed è chiamata a seguire i cantieri di una serie di opere pubbliche in campagna: un palazzo, una diga, un rifugio di montagna.
Carla si confronta con una squadra di ingegneri edili, incaricati di fare misurazioni sui modelli. All’interno dei laboratori, riproducono in scala le strutture e i paesaggi. La loro dedizione è cieca e impersonale: sembrano automi dediti alla riproducibilità della vita in scala; sembrano replicanti alieni.
Più il tempo passa e meno Carla è motivata a costruire. Per lei progettare è stare in mezzo alle persone, nel mondo. Sogna di abbattere muri, più che alzarli; lasciare spazio allo sguardo sconfinato, per tornare a guardare il cielo. Che all’interno dei laboratori è artificiale e non risplende.